giovedì 22 gennaio 2009

Arancia Meccanica


Titolo originale: A Clockwork Orange
Paese: Gran Bretagna
Anno: 1971
Durata: 137 min
Colore: colore
Audio: sonoro
Rapporto: 1.66:1
Genere: drammatico, fantascienza
Regia: Stanley Kubrick
Soggetto: Anthony Burgess (romanzo)
Sceneggiatura: Stanley Kubrick

Interpreti e personaggi
Malcolm McDowell: Alexander De Large
Adrienne Corri: mrs. Alexander, moglie dello scrittore
Patrick Magee: mr. Alexander, lo scrittore
Michael Bates: capo delle guardie
Warren Clark: Dim
John Clive: attore della prova di guarigione
Carl Duering: dottor Brodsky
Paul Farrell: vagabondo
Clive Francis: Joe
Michael Gover: governatore della prigione
Miriam Karlin: miss Weber, signora dei gatti
James Marcus: Georgie
Aubrey Morris: P.R. Deltoid
Godfrey Quigley: cappellano della prigione
Sheila Raynor: madre di Alex
Madge Ryan: dottor Branom
John Savident: oppositore del governo
Anthony Sharp: ministro dell'Interno
Philip Stone: padre di Alex
David Prowse: Julian
Pauline Taylor: dottoressa Taylor, psichiatra

Doppiatori italiani:
Adalberto Maria Merli: Alexander De Large
Silvio Spaccesi: mr. Alexander, lo scrittore
Mario Maranzana: capo delle guardie
Paolo Modugno: Dim
Corrado Gaipa: vagabondo
Renato Turi: governatore della prigione
Lilla Brignone: miss Weber, signora dei gatti
Paolo Ferrari: Joe
Luigi Diberti: Georgie
Oreste Lionello: P.R. Deltoid
Mario Feliciani: cappellano della prigione
Michele Kalamera: attore della prova di guarigione
Wanda Tettoni: madre di Alex
Gianni Bonagura: padre di Alex
Romolo Valli: ministro dell'Interno
Massimo Foschi: Julian
Renzo Montagnani: oppositore del governo
Valeria Valeri: dottoressa Taylor, psichiatra

Fotografia: John Alcott
Montaggio: Bill Butler
Effetti speciali: Sandy DellaMarie, Mark Freund
Musiche: Wendy Carlos, Nacio Herb Brown+ AA. VV.
Scenografia: Russell Hagg, Peter Sheilds

Premi:
Premio della Critica Cinematografica di New York per "miglior film" e "miglior regista"
Premio della Critica Cinematografica di Kansas City per "miglior film"
Nastro d'argento al regista del miglior film straniero
Premio Hugo per la miglior presentazione drammatica

la storia:
Alex un giovane ragazzo inglese che passa le sue giornate in cerca di guai.
E' costantemente accompagnato dalla sua banda di Drughi.
Isieme con i suoi amici è spesso in giro per Londra alla ricerca di qualcuno da spaventare, derubare e picchiare, utilizza uno strano modo di parlare e di vestirsi, e sembra essere irragionevolmente violento.
Alex è il leader del gruppo ma non è benvoluto dai suoi compagni; questi ultimi, infatti, durante una delle loro scorribande gli tendono una trappola.
Il ragazzo viene catturato dalla polizia e successivamente costretto a scontare in carcere una condanna per omicidio.
La sua buona condotta di Alex farà si che al ragazzo venga data la possibilità di lasciare la sua cella e di sottoporsi ad uno speciale trattamento in grado di reprimere la violenza.
Si tratta di una cura in fase di sviluppo.
Alex si sottoporrà a tutta la sperimentazione, sopportando persino il lavaggio del cervello.
Quella che dovrebbe essere la soluzione alla violenza si dimostra essere più terribile della violenza stessa...

recensione:
tentare di analizzare o quanto meno di dare un proprio parere circa film tanto complesso risulta notevolmente difficile.
In questo caso particolare ci si trova davanti ad un capolavoro; una strabiliante opera di un genio del cinema quale Stanley Kubrick.
La sua pellicola anche a distanza di più di trent'anni si dimostra attualissima, in grado di proiettarsi addirittura nel futuro rendendolo ancor meno rassicurante di quanto non lo si immagini già.
Il film è la rappresentazione della violenza rappresentata in tutte le sue forme e dimensioni; intesa nel senso più ampio possibile: fisica e psicologica.
Colpi di genio sono riscontrabili ovunque: la sceneggiatura è intraprendente, sfacciata, potente quasi mai coerente con il linguaggio comune ma allo stesso tempo dotata di una chiarezza senza pari.
I costumi hanno fatto, fanno e faranno storia.
Impossibile dimenticare le bianche divise dei Drughi, così candide quasi a voler sdoganare il senso stesso del colore immacolato per eccellenza.
La trama è potente, penetrante e capace di scuotere gli animi. Non si era mai vista una tale concentrazione di brutalità.
La vista quasi rimane offesa di fronte a simili scempi.
L'occhio è disperato, la mente è sconfortata di fronte allo spiegamento di cotanta crudeltà.
Ci si scopre trepidanti, alla disperata ricerca di un sollievo da tanta furia; invece si è costretti a subirla dal primo all'ultimo istante e nonostante tutto non si riesce a distogliere lo sguardo da quel quadro terribile, quasi come se lo spettatore si trovasse al posto di Alex al momento della terapia.
Ad impedire all'occhio di chiudersi non è, però, un attrezzo come quello utilizzato per condizionare Alex, ma è la potenza stessa delle immagini, il loro colore, il loro suono.
La colonna sonora è utilizzata in modo magistrale (clicca qui per vedere il post dedicato alle musiche del film), sembra quasi che Beethoven abbia composto la 9 per poter dare il giusto sottofondo a rappresentazioni del genere.
Si scopre come molto di quello che si ha l'occasione di vedere oggi al cinema o in televione non sia altro frutto di qualcosa che è stato precedentemente teorizzato ed ampiamente sperimentato.
Protagonista indiscussa della narrazione è senza dubbio la violenza... non lascia per un secondo la scena, è sempre pronta a colpire nel modo più crudele possibile.
Investe tutti, si erge a sommo giudice delle vicende umane scandendone i ritmi.

video recensione: prima parte


video recensione seconda parte


trailer

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